Sul mio Graduale è scritto 23 marzo 2006. Sono già passati sette anni ma ricordo benissimo il mio primo giorno e l’impressione che ho avuto quando ho aperto questo libro: perplessità… Vedevo note che però non erano le note che conoscevo, e tanti strani segnetti del tutto indecifrabili; se in aggiunta mettiamo che non avevo mai fatto parte di un coro e che non avevo – e non ho – una gran voce, e per di più ne ho poca (sarà perché fumo?…) mi son detta: ma che ci faccio io qui?! mah…
Poi ho sentito cantare Annalisa e le altre belle voci del coro e non solo mi si è aperto un mondo ma qualcosa mi toccava nel profondo: non erano solo le belle voci, era qualcosa di diverso che poi, col tempo, ho imparato a conoscere. Ho capito cosa sia per me il canto gregoriano: non è il canto inteso come esibizione canora, è preghiera, un modo semplice – si fa per dire… – di cantare a Dio e questo aspetto è molto diverso dal primo, anche se all’apparenza può non sembrarlo.
Ecco perché sono convinta che per cantare il gregoriano non sia necessario avere l’ugola d’oro: se si ha anche una bella voce meglio, ma basta essere intonati e aver voglia di entrare in questo spazio dedicato a Dio lasciandosi andare senza farsi intimidire dall’ego, che ci vorrebbe sempre bravi se non i migliori. Sono certa del fatto che Dio non ci chiede di essere perfetti, ma collaborativi: ognuno metta il suo piccolo, a renderlo grande ci pensa Lui!
Così il gregoriano diventa un tuffo in questo mare dove la parola di Dio fluttua su sonorità antiche di centinaia e centinaia di anni che sembrano unirsi al respiro grande, immenso, di Dio! Mi affascina sapere che più di mille anni fa si cantava così: quante voci, quanta preghiera… mi piace tanto pensare a questo! Scusate se mi dilungo, ma più scrivo e più scriverei, di questa mia esperienza.
Un aspetto da non sottovalutare è l’effetto terapeutico del canto: sarà il respiro, sarà il concedersi una pausa dal pensare, dal troppo fare… Il respiro è il segreto di ogni tipo di canto, ma nel gregoriano il respiro e le note accompagnano ogni singola parola se non addirittura ogni singola lettera che la compone, e c’è differenza tra respirare in un modo o in un altro: pensiamo a quante altre religioni oltre la nostra utilizzano per la meditazione il respiro e la preghiera. Vita del corpo, respiro dell’anima.
Insomma, non è solo il cantare ma come e cosa si canta! Cantare e riuscire a provare ad essere immersi, anche per un solo momento, nella grande armonia dell’amore di Colui che move il sole e l’altre stelle è sinceramente emozionante e invito chiunque a provare, anche solo per curiosità!
Non per piaggeria, ma desidero col cuore ringraziare Annalisa che ci accompagna con passione e tanta pazienza in questo fantastico mondo del canto gregoriano. È importante avere un buon maestro come lei perché prima di tutto riesce a trasmettere questo suo amore per il gregoriano e poi perché fa sembrare semplice ciò che non lo è.
Grazie a tutte per avermi accolta in questo gruppo e per avermi incoraggiata!